domenica 7 maggio 2017

Fatti non foste a viver come bruti. Certo che no!


Arrivato nella bolgia dei fraudolenti, Dante vede delle fiamme di fuoco e chiede a Virgilio spiegazione di questo scenario.
Chi sono i fraudolenti? 
Sono coloro che nella vita hanno ingannato gli altri e se sono finiti nell'Inferno, e in posizione piuttosto bassa scendendo verso Lucifero, vuole dire che ingannare gli altri secondo Dante è un peccato molto grave.
Ha ragione Dante, prof. Ingannare gli altri è bruttissimo!
Virgilio precisa che quelle fiamme rappresentano i peccatori stessi e Dante viene a sapere che tra di essi si trova anche il grande Ulisse.
Ma Ulisse che abbiamo conosciuto l'anno scorso quando abbiamo letto l'Odissea di Omero, prof?
Sì, proprio quell'Ulisse lì.
E perché Dante lo fa finire all'Inferno? 
Aveva viaggiato tanto, incontrato strani personaggi, superato tanti pericoli... che aveva fatto di tanto grave?



Lo vedremo presto.
Intanto però doveste immaginare il motivo per cui viene inserito tra i fraudolenti, che si è detto siano stati in vita degli ingannatori.
Che inganno può essere associato ad Ulisse?
L'inganno del cavallo di legno che fece scoppiare la guerra di Troia!
Esatto, ma non solo...
In effetti Ulisse era un furbone! Anche con Polifemo quando disse di chiamarsi Nessuno è stato veramente astuto. Chi ci avrebbe pensato?
Però ha fatto bene ad ingannarlo in quel modo.
Poi era furbo, ma simpatico e intelligente. Non è tanto giusto che sia finito all'Inferno. 
In effetti devo ammettere che l'Ulisse dantesco simpatico simpatico non è!
E' Virgilio stesso che decide di parlargli perché teme che potrebbe essere restìo, lui greco, a parlare con Dante, semplice fiorentino.
Che antipatico prof!!
I greci erano proverbialmente superbi al tempo di Dante.
A noi sono piaciuti di più Paolo e Francesca, così umili e gentili!
Comunque l'anima di Ulisse si trova all'interno di una fiamma biforcuta, infatti con lui c'è anche Diomede, altro greco suo compagno d'avventure.


Virgilio si rivolge alla fiamma biforcuta con il massimo rispetto, usano formule di "captatio benevolentia" per indurre le anime a parlare e chiede esplicitamente ad Ulisse di raccontare come è avvenuta la sua morte.
 "Captatio" che...?
Era una formula molto usata nel mondo antico per ottenere benevolenza da un ascoltatore a cui si rivolgeva qualche richiesta per fare in modo di venire accontentati.
Mica solo nel mondo antico, prof! Insomma, è un po' come fare i ruffiani? 
Qualcuno potrebbe farlo anche tra noi, ad esempio per ottenere buoni voti.
Più o meno... sì, diciamo di sì. 
Ma noi non lo facciamo, prof!
E per fortuna, direi ;-)
La punta più alta della fiamma "Lo maggior corno de la fiamma antica" in cui si trova Ulisse comincia a parlare, come se ci fosse il vento che la scuote e come se si trattasse di una lingua che si muove per proferire parola.
Ulisse racconta che, dopo essersi allontanato da Circe con pochi compagni e dopo aver visto le coste del Mar Mediterraneo, giunge alle Colonne d'Ercole, nello Stretto di Gibilterra, e qui incita i compagni a proseguire il viaggio pur essendo le Colonne d'Ercole una sorta di limite imposto da Dio agli uomini, quindi vietato da oltrepassare.


Ulisse aveva desiderio di conoscere il mondo finora inesplorato (anche ai tempi di Dante la geografia non era certo quella odierna!! Mancavano nella cartografia interi continenti, pensiamo soltanto alla scoperta dell'America convenzionalmente fatta risalire al 1492), niente poté vincere dentro di lui "l'ardore" di  "divenir del mondo esperto e de li vizi umani e del valore"
Arrivato alle Colonne d'Ercole, dicevamo, Ulisse, che è sempre stato bravo nella retorica, cioè nell'arte di saper parlare, convinse i suoi compagni a proseguire il viaggio verso il mondo sconosciuto con un breve ma efficace discorso, passato alla storia con il termine "orazion picciola". Eccola!
"O frati" dissi "che per cento miliaperigli siete giunti a l'occidente,a questa tanto picciola vigiliad'i nostri sensi ch'è del rimanentenon vogliate negar l'esperienza,di retro al sol, del mondo sanza gente.Considerate la vostra semenza:fatti non foste a viver come bruti,ma per seguir virtute e canoscenza"
In pratica dice loro che sono arrivati ad un punto della in cui non ricapiterà più di fare un viaggio simile, di avere una nuova occasione per andare a vedere cosa c'è nel "mondo sanza gente" e poi conclude con una delle terzine più famose di tutta la letteratura:


La terzina indica che gli uomini devono sapere che sono stati creati non per vivere come animali, seguendo semplicemente l'istinto, bensì per seguire la virtù e la conoscenza.
Un bel messaggio, non trovate?
Sì, questo è vero. Però a volte è bene anche seguire l'istinto. Non fare i bruti, avere comportamenti animaleschi, ma seguire l'istinto senza ragionare troppo sulle cose in certe occasioni può aiutare.
Sì, ma è sempre meglio usare la ragione come dicevano gli illuministi prof.
Ma si potrebbe attaccare alla porta un cartello con queste parole! A volte noi siamo "bruti", nel senso che ci controlliamo poco, agiamo d'istinto senza riflettere e poi magari ce ne pentiamo.
In più c'è da dire un'altra cosa: io sono amante degli animali e non è vero che sono esseri bruti. A volte sono meglio degli uomini, anzi spesso...
Anche Dostoevkij, in effetti, dice qualcosa di simile


Il dibattito va avanti per un bel po', le pieghe del dialogo diventano interessantissime.... poi, al solito, maledetta campanella...
Comunque le ore sono state proficue: appunti, discussione e perfino qualche accenno di metrica, non per far anticipare troppo gli argomenti che affronteranno meglio alla secondaria di secondo grado, ma per far capire tutta la grandezza di un'opera scritta interamente in terzine, in rima ed in endecasillabi (per cui, oltre alla sinalefe, è bene riconoscere il valore della dieresi: quei due puntini indicano che la sillaba si può dividere, quindi...et voilà... tornano le 11 sillabe dell'endecasillabo!)
Che spettacolo prof! Come avrà fatto Dante a scrivere 100 canti tutti in terzine, in rima e in endecasillabi! Ma è stato un genio!!!
Già. E secondo voi, sempre in questa ottica, perché Dante a volte ha fatto ricorso a parole da lui completamente inventate chiamate neologismi (ricordiamo  il prefisso "neo" e il termine greco "logos" che vuol dire appunto parola?)
Ah... è vero prof! Magari alcune volte voleva delle parole sue che non riusciva a trovare nella lingua italiana, ma a volte potevano servire anche per la rima e per completare l'endecasillabo!
Che forte 'sto Dante però!!




Altra ora di letteratura.
Dobbiamo quindi vedere cosa succede dopo l'orazion picciola ad Ulisse e ai suoi uomini.
Ulisse è stato così convincente che non riesce più a trattenere i compagni, ormai desiderosi di partire...
"Li miei compagni fec'io sì aguti,con questa orazion picciola al cammino,che a pena poscia li avrei ritenuti"

... però, mentre sta parlando con Dante e Virgilio e sta per raccontare come è avvenuta la sua morte, una vena di rammarico nelle sue parole si sente perché il viaggio oltre le Colonne d'Ercole lo definisce "folle volo".
Prof, questo viaggio va a finir malissimo... me lo sento!
Infatti va a finire proprio male: dopo aver navigato per diversi mesi apparve ad Ulisse e compagni una montagna "bruna per la distanza" e "alta tanto quanto veduta non avea alcuna".
Una montagna altissima nel mare? Come è possibile?
Si tratta della montagna del Purgatorio.
Per noi oggi è difficile comprendere la visione della Terra dantesca, ma proverò ad illustrarla con questa immagine che, forse, vi chiarirà un po' le idee.


Ulisse e i suoi uomini sono felicissimi per questa nuova scoperta, ma la gioia dura pochissimo ed i sorrisi si trasformano immediatamente in pianti disperati.
Cosa succede di così tragico?
Improvvisamente un forte vento, una specie di turbine, si abbatte sulla nave, la fa girare tre volte su se stessa e la fa affondare negli abissi. 
Ulisse e i suoi uomini muoiono tutti annegati.
"Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto;chè de la nova terra un turbo nacque e percosse del legno il primo canto.Tre volte il fè girar con tutte l'acque;a la quarta levar la poppa in susoe la prora ire in giù; com'altrui piacque;infin che 'l  mar fu sovra noi richiuso"

Silenzio.
Nessuno dice niente, nessuno commenta più.
Rompo il ghiaccio: chi sarà questo "altrui" che volle far morire Ulisse così?
Dio, prof! Lo punisce lui perché aveva disobbedito. Aveva superato le Colonne d'Ercole e lui non voleva.
Proprio così.
E ricordate che Dio non può essere nominato, solo indicato con perifrasi, un po' la formula che abbiamo visto usata quando Caronte prova a protestare perchè è salito in barca un uomo ancora vivo: "vuolsi così colà dove si puote e più non dimandare".
Un po' esagerato però!
E Dante come reagisce?
Dante non dice nulla. Il canto si chiude qui, il viaggio nell'oltretomba prosegue.
Con Francesca rimane malissimo, sviene... qui no. Perchè?
Te lo dico io: secondo Dante è giusto che Dio lo abbia punito così. Non c'è altro da aggiungere. 
Giusta conclusione, ma un episodio di simile levatura non possiamo concluderlo così. Noi.
Riflettiamoci ancora.
E facciamolo citando Primo Levi, l'ebreo italiano più famoso che ha scritto il libro "Se questo è un uomo" a testimonianza della terribile esperienza vissuta nel campo di sterminio di Auschwitz.
Primo Levi racconta in un capitolo del libro che, mentre si trovava nel lager a compiere una delle solite incombenze umilianti e faticose, cerca di sforzarsi di ricordare a memoria il canto di Ulisse e di spiegarlo ad un internato francese. 
Anche se gli risulta difficile, si sforza lo stesso e sa che questo gli fa bene.
Perché? E' presto detto: in un posto come il lager, già di per sè paragonabile all'Inferno dantesco, in cui i nazisti avrebbero voluto togliere definitivamente agli ebrei la dignità di uomini, essi devono invece sforzarsi per tenere a mente che uomini ancora lo sono.
Nel lager gli internati venivano trattati come animali: arrivavano dopo un viaggio tremendo in cui erano stati stipati nei vagoni dei treni merci, venivano marchiati con il fuoco come si fa con le bestie, ricevevano scodelle senza cucchiaio per mangiare come sulle ciotole dei cani, senza contare che vivevano rinchiusi come gli animali da macello.

In un posto del genere essi devono ricordarsi di essere uomini, dovevano cercare di non agire con istinti animaleschi, ma di continuare a ricercare la virtù e la conoscenza.
In una parola, dovevano riuscire a mantenere la loro dignità di uomini.
Un impegno difficilissimo perché mollare sarebbe stato facile e giustificabile.
Ecco perchè la letteratura può davvero salvare la vita!


Infine, alleggeriamo un po' i toni e riflettiamo per scritto su tutto ciò di cui abbiamo parlato in questa lezione.
1) Preferisci più l’Ulisse omerico o l’Ulisse dantesco? Motiva la tua risposta.
Preferisco l’Ulisse omerico perché ha più libertà (Luca), vive molte avventure da cui esce sempre vivo (Alex, Andrea, Alice, Christian, Alessio, Eleonora, Giulia, Maria), fa viaggi impossibili e affronta tanti pericoli (Sara), va a viaggiare, non muore e torna a casa (Riccardo R.), ritorna nella sua Itaca (Andrea), ritorna dal suo amore Penelope (Sophia).
Preferisco l’Ulisse Omerico perché viene rappresentato come un vero eroe (Helena).
Preferisco l’Ulisse omerico perché, secondo me, non è un peccato aspirare a conoscere cose nuove, anche a costo di infrangere dei limiti (Alessandro R.)
2) Cosa significa la terzina finale dell’orazion picciola?
Significa che non bisognerebbe vivere come animali, seguire l’istinto, ma bisognerebbe ragionare sempre (Luca).
Dobbiamo comportarci in modo ragionevole, non come le bestie; noi uomini siamo nati per comportarci bene e conoscere (Riccardo R.)
I suoi uomini dovevano avere virtù e conoscenza, come dovrebbero fare tutti gli uomini, non comportarsi come animali (Alex)
Le persone non sono animali e devono seguire la virtù e la conoscenza (Helena, Sophia, Alice, Giulia)
Voi uomini non siete nati per vivere come gli animali, ma per seguire la virtù e la conoscenza (Alessio, Christian, Alessandro R.)
Noi dobbiamo considerare come siamo nati: siamo nati uomini e come uomini ci dobbiamo comportare, non come animali che seguono l’istinto; gli uomini devono seguire la virtù e la voglia di conoscere (Maria)
Ulisse dice ai suoi uomini che devono cogliere l’attimo – Carpe diem – perché non gli ricapiterà più di fare un viaggio del genere (Andrea, Eleonora)
3) Che significato assume questa terzina (e tutto il canto di Ulisse) all’interno dell’opera “Se questo è un uomo” di Primo Levi?
Gli serve per ricordare di essere un uomo e non un animale come volevano fargli credere i nazisti (Luca, Alice)
Nei campi di concentramento gli uomini venivano trattati da animali e lui vuole ricordare perché vuole sentirsi uomo (Riccardo R.)
Fa ricordare agli uomini di essere uomini nonostante non si sentano più così (Andrea)
Assume un grande significato di speranza: sperare di rimanere uomini (Helena, Sophia)
In quel momento lui e i suoi compagni venivano trattati come animali, ma l’orazion picciola di Ulisse gli ha fatto ricordare che erano ancora uomini (Alessio)
Lui, ricordandosi questi versi, sa che non è un animale anche se nei campi di concentramento veniva trattato come tale (Alessandro R.)
Primo Levi, per non sentirsi bruto, doveva ricordare a memoria i versi di Ulisse: se se li fosse ricordati gli sembrava di essere ancora un uomo (Giulia)
Nei campi di concentramento dove si trova Primo Levi venivano trattati come animali – maltrattati, rinchiusi, con poco cibo da mangiare in una scodella senza posate; ricordarsi questi versi a mente gli fa ricordare di essere un uomo (Maria)



Per finire: interviste e scambi di battute impossibili.


Interviste a Ulisse

Io: buongiorno, come va?
Ulisse: bene. Cosa mi voleva chiedere?
Io: volevo dirle come l’ha presa quando ha saputo che Dante l’ha messa nell’Inferno
Ulisse: Devo dire non bene, perché poi il mio peccato è che ho creato quel cavallo e poi, detto tra noi, quelli erano proprio fessi.
Io: ma lei credeva di andare in Paradiso?
Ulisse: devo dire di sì, anzi, all’Inferno ci deve andare Ercole perché dice che in quello stretto dove sono passato io, lo Stretto di Gibilterra, ci siano delle colonne, ma io non ho visto niente!
Io: va be’, grazie dell’attenzione e arrivederci
(Filippo)
  
Io: buongiorno Ulisse, sono Marco. Potrei farle delle domande per una ricerca per la scuola?
Ulisse: certo! Risponderò ad ogni tua domanda
Io: preferisce il racconto di Dante o quello di Omero?
Ulisse: quello di Omero.
Io: perché?
Ulisse: perché nell’Odissea non vado nelle fiamme dell’Inferno e poi ho compiuto un viaggio intraprendente con i miei uomini.
Io: quali emozioni ha provato quando ha fatto il viaggio?
Ulisse: Ho provato soprattutto molta curiosità
Io: come ha convinto i suoi uomini a seguirlo e superare le colonne d’Ercole?
Ulisse: con poche parole in realtà, ho fatto loro un breve discorso: l’orazion picciola.
Io: grazie per aver risposto alle mie domande
(Marco)
  
Scambio di battute Omero/Dante

Omero: Salve Dante! E’ uscita la Divina Commedia!
Sono andato a leggerla e mi è piaciuta tanto!
Ho visto che anche lei ha rammentato Ulisse.
Che cos’è questa coincidenza?
Dante: Ho deciso di mettere Ulisse in un canto dell’Inferno perché, come si dice, è stato un personaggio importante che con tutto quel giro che ha fatto ci vuole un bel coraggio!
Ora le volevo fare una domanda: perché ha deciso di farlo tornare a casa?
Omero:  mi sembrava giusto far finire bene la storia.
Sa com’è, sono un tradizionalista!
Io piuttosto volevo farle la domanda contraria: lei perché lo ha fatto morire?
Povero Ulisse…
Dante: caro collega Omero, mi sembrava giusto fargli provare i  brividi dell’Inferno.
Il mio Ulisse è uno che vuole sempre andare avanti, superare ostacoli, pur di essere “canoscente”!
Omero: E va bene caro Dante, è bella anche la sua visione di Ulisse!
(Nadia)

Omero: Dante, come funziona questa cosa che tu hai preso d’esempio il mio personaggio?
Dante: non credo di aver copiato niente! Ho parlato di un eroe famoso e ho scritto una cosa molto più breve della tua. La tua opera su di lui è troppo lunga e diventa noiosa.
Omero: la mia è stata una cronaca coerente con l’avventura di Ulisse, uno degli eroi più grandi dell’antichità.
Dante: proprio per questo ne ho voluto parlare anch’io e ne ho colto l’essenza parlando della sua morte e dello spirito che lo spinse a intraprendere quella avventura.
Omero: avrei da dirti tante altre cose, ma non mi va di continuare
Dante: Anch’io ti saluto e… alla prossima litigata!
(Sofia M.)

Dante: caro Omero, tu hai descritto Ulisse come un eroe, ma è solo un peccatore!
Omero: lui sì che è un eroe, audace e convincente. E’ il tuo Dio che è stato troppo severo e lo ha punito ingiustamente.
Dante: secondo me invece ha fatto bene a punire la sua sfrontatezza!
(Eugenio)

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